Carnevale Avellinese: la Zeza di Bellizzi Irpino

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La Zeza è una rappresentazione comico-farsesca tradizionale (una sorta di teatro di strada) che viene messa in scena a Bellizzi Irpino (anticamente Terra delle Bellezze) in occasione del Carnevale. Costituisce una tradizione dal forte radicamento identitario e dalle origini antiche.

Significato della Zeza

La Zeza rappresenta il matrimonio di Porzia, figlia di Pulcinella e di Zeza, con don Zenobio, giovane medico calabrese e pretendente della ragazza. Geloso della figlia, Pulcinella non vuole concederla al pretendente, mentre la mamma Zeza, donna smaliziata e ruffiana, ha già chiaro il progetto matrimoniale per sistemare la figlia e cerca di convincere il marito.

Dopo uno scontro fisico tra il padre della ragazza e il pretendente, Pulcinella viene ferito da Don Zenobio, ma viene soccorso e guarito dallo stesso dietro la promessa di concedergli la figlia, permettendo alla coppia di celebrare il matrimonio. Matrimonio che si conclude con il ballo di un’esplosiva e coreografica quadriglia ballata dai diversi personaggi.

I personaggi della Zeza

Oltre ai quattro protagonisti principali che abbiamo visto, la storia include anche altri personaggi, come:

  • Geronimo, il pescatore;
  • Cosetta, la fioraia;
  • Don Bartolo, il giardiniere che usa la tipica scaletta retraibile per fare una questua;
  • I cacciatori, che imbracciano un finto fucile per sparare, a sorpresa, la “polvere” (borotalco) a chiunque si trovi sotto tiro.

Come si svolge la Zeza

Nella tradizione di Bellizzi, è molto importante la figura del Capozeza, che organizza la Zeza, sceglie gli attori e dà i comandi della quadriglia finale.

La rappresentazione è cantata e recitata. Oggi, si basa su un testo scritto ricavato dalla tradizione orale, ma conserva alcune forme di improvvisazione ed è accompagnata da una banda.

Gli Zezaiuoli

Gli Zezaiuoli sono uomini che interpretano dei ruoli femminili; questa usanza trae origine da un’epoca passata, in cui alle donne non era permesso recitare in manifestazioni pubbliche. Si truccano in modo accentuato e si travestono riproducendo vistosi attributi femminili tramite imbottiture.

Indossano costumi ricchi ed elaborati, realizzati dalle donne del paese e tramandati di generazione in generazione. Gli abiti richiamano uno stile ottocentesco borghese, del quale la Zeza rappresenta una parodia. Inoltre, si agghindano con ornamenti vari come gioielli, collane, scialli, parrucche e guanti.

Il Carnevale della Zeza

Il Carnevale prevede una sfilata per le strade del paese con la banda. Il corteo, poi, si ferma nelle piazze e strade principali per cantare la canzone di Zeza.

La rappresentazione viene eseguita più volte nel corso della giornata e in più luoghi del paese. Nella Zeza, si susseguono i vari personaggi in modo da fare esibire, a turno, tutti gli attori. A volte, la Zeza viene inscenata anche in spazi privati, come cortili o anche aie in aperta campagna, dietro espressa richiesta dei padroni di casa. Generalmente, questi ultimi offrono un rinfresco ai presenti al temine della performance.

Alla fine della rappresentazione, viene realizzata una grande Quadriglia guidata dal Capozeza che coinvolge tutti i personaggi in una danza scandita da specifici movimenti e segnali di comando. Ogni personaggio ha il proprio carattere che i singoli attori devono interpretare secondo la loro indole e doti personali.

In generale, si privilegiano mimica e gestualità, molto marcate e curate, rispetto al canto. La rappresentazione non viene concepita come uno spettacolo per i presenti, bensì come una vera e propria scena rituale che si sviluppa internamente al gruppo dei quattro attori, stabilendo una comunicazione solo tra di loro. Ciononostante, il pubblico si dispone in cerchio per godere dell’esibizione.

Le origini della Zeza

Le origini della Zeza risalgono presumibilmente al ‘600 e sono documentate nel “Nuovo e redeculuso contrasto de matremmonio mperzona di Don Nicola pacchesecche e Tolla Cetrulo, figlia de Zeza e Polecenella”. Si tratta di un componimento anonimo risalente al ‘700.

Esso viene citato da Benedetto Croce ne “I teatri di Napoli” (1891), partendo da un testo di Pietro Martorana. Ancor prima, se ne parla nel 1853 in “Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti” di Francesco de Bourcard. Tuttavia, già nel ‘600, Giovan Battista Basile aveva scritto di “Zeza sciancata” nel suo Pentamerone.

In ogni caso, secondo alcune fonti, la Zeza comparirebbe per la prima volta a Napoli, per poi diffondersi in provincia. Altre, invece, vogliono questa manifestazione folkloristica sia nata ad Avellino e, in seguito, si sia diffusa nel Regno e nella città di Napoli.

L’importanza della Zeza a Bellizzi

A Bellizzi, la Zeza è un fenomeno di grande profondità storica, già documentato dal secolo scorso.

La farsa vede la partecipazione di più generazioni. Coinvolge un ampio numero di ragazzi e giovani, che fin dall’adolescenza vengono accolti dal Capozeza per entrare nel gruppo degli “zezaiuoli”: un gruppo amicale, ma anche una “comunità di eredità” dove apprendono le arti della rappresentazione farsesca e del travestimento.

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