Le origini del Torrone
Se c’è una zona da associare storicamente al torrone, indubbiamente, non si può che trattare di Avellino e dell’Irpinia. Nonostante il torrone sia presente nelle tradizioni gastronomiche di tante altre regioni italiane, l’avellinese è il feudo di questa bontà tipica. Le sue origini sono piuttosto controverse e dibattute se non addirittura avvolte nel mistero, con non poche rivalità riguardanti l’attribuzione della sua reale paternità.
Secondo alcuni, sarebbe un’invenzione araba esportata dapprima nella Spagna islamica e, successivamente, giunta in Sicilia. Secondo altri ancora, si tratterebbe di un’antica ricetta greca. Stando, invece, alle testimonianze di scrittori e storici romani, tra cui Catone il Censore, questo dolce tipico sembra affondare le sue radici in tempi davvero lontani. Nella sua celebre opera De Agricultura (160 a.C.), il politico-scrittore ci offre una vivida descrizione di un piatto cartaginese a base di miele, farina, uova e formaggio fresco. Sebbene la ricetta non corrisponda esattamente a quella odierna ma ad un composto piuttosto cremoso, è comunque possibile affermare, con quasi totale certezza, che il torrone nacque nel bacino del Mediterraneo e che si diffuse, via mare, in Medio Oriente e nell’Europa meridionale.
I Romani e le Cupedia Irpino-Sannite
Da veri amanti della tavola e del buon cibo, i Romani non potevano di certo ignorare l’esistenza di questa prelibatezza. Persino negli scritti dello storico romano Tito Livio (vissuto a cavallo tra il I sec. a.C. e i primi anni del I sec. d.C.) e negli epigrammi del poeta latino Marziale (I secolo d.C.), troviamo testimonianza di un dolce tanto caro ai nostri “predecessori”. Le Cupedia, dal termine latino cupio “desiderare”, ci fanno chiaramente comprendere quanto fosse prelibato ed apprezzato l’antenato del torrone.
Vedremo, in seguito, che in Irpinia, non a caso, viene soprannominato “o cupeto”. Una leggenda narra che, al termine della seconda guerra sannitica (326-304 a.C.), conclusasi con la sconfitta dei Romani presso le Forche Caudine, i Sanniti offrirono loro questa squisitezza con un duplice intento. Il primo era quello di rifocillare i Romani che, vista l’umiliazione subita, si stavano lasciando morire di fame. Il secondo motivo era quello di consolarli e, soprattutto, di far sì che i Romani testimoniassero la grandezza dei Sanniti.
La ricetta irpino-sannitica consisteva principalmente in una pasta di nocciole e miele molto gradita ai palati dell’epoca. Presumibilmente, essa prevedeva anche la presenza di farina di farro o grano, acqua, nocciole, miele e uova ai quali, a seconda delle tradizioni locali, si aggiungevano altri ingredienti.
Il torrone nella tradizione Irpina
Dopo questo breve viaggio alla scoperta delle origini del torrone, non ci resta che capire da dove deriva il nome. Il termine torrere, in latino tostare/abbrustolire, fa riferimento alla frutta secca tostata presente in esso. Attenzione: con frutta secca intendiamo le mandorle e, soprattutto, le nocciole, prodotto tipico locale dell’avellinese e dell’Irpinia, celebre fin dai tempi antichi. Questa dolce specialità si diffuse e divenne particolarmente famosa soprattutto nella nostra terra. La produzione del torrone, tramandata con amore di generazione in generazione, è la più alta espressione dell’arte dolciaria del nostro territorio.
Tale pasta detta “Cupedia” ha dato luogo, non a caso e come si accennava poc’anzi, all’appellativo “cupetari”. Con questa parola vengono, in realtà, designati i venditori ambulanti di torrone: un prodotto che, ancora oggi, rappresenta un vanto per la cultura enogastronomica irpina. La tradizione del torrone è legata indubbiamente al Natale, periodo in cui questo dolce la fa da padrone sulle tavole imbandite a festa. Tuttavia, “o cupeto” viene ampiamente venduto durante le fiere, le sagre e le feste patronali. A partire dai primi del Novecento, si è consolidata la tradizione della “Juta a Montevergine”, la processione durante la quale numerosi pellegrini giungevano a piedi al Santuario. Lungo il sentiero verso “Mamma Schiavona” (appellativo dovuto al colore della pelle nera, dove il termine schiavona equivale alla parola “straniera”), i fedeli trovavano ristoro presso i laboratori artigianali tutt’ora presenti. Qui, tra le tante bontà, si consumava soprattutto il torrone.
La ricetta classica
Tra i principali ingredienti che costituiscono questa ricetta, troviamo essenzialmente 3 elementi base: miele, albume d’uovo e frutta secca (mandorle e/o nocciole). Essi sono sapientemente lavorati e trasformati in autentica arte dolciaria, grazie alla passione di coloro che mantengono vivo questo prelibato prodotto artigianale. Riguardo alla frutta secca tostata utilizzata al suo interno, generalmente, si tratta di nocciole e mandorle, ma anche di pistacchi, arachidi e noci. Abitualmente, il torrone è ricoperto da sottili strati di ostie che ne rivestono la parte superiore e inferiore. Da questa composizione di base molto semplice e sobria, la produzione dolciaria si è diversificata offrendo un’ampia gamma di formati, farciture, coperture, variante bianca o al cioccolato, al Pan di Spagna, croccante al caramello, consistenze morbide o dure e i famosi pantorroni che conosceremo a breve.
Dove trovare il miglior torrone irpino
Tra le principali località irpine note per i migliori torroni, è d’obbligo menzionare Ospedaletto d’Alpinolo, piccolo centro della Comunità Montana del Partenio a meno di 10 km da Avellino. Questo comune di origini medievali è associato all’Abbazia di Montevergine e al pellegrinaggio verso il noto santuario. Il torrone di Ospedaletto viene realizzato ancora oggi rispettando gli antichi metodi tradizionali ed utilizzando materie prime rigorosamente appartenenti al territorio. Miele, nocciole irpine, albume ed ostie: un connubio di gusto e aromi dipinti col tipico color avorio.
Altra tappa da non perdere, a circa 40 km dal capoluogo irpino, è Grottaminarda. Qui, troviamo il celebre spantorrone, vale a dire un tipo di torrone molto friabile e morbido. Al composto di miele e albume, impastato e lavorato ad una certa temperatura per svariate ore, vengono aggiunte noci e nocciole aromatizzate alla vaniglia. Si versa, poi, negli stampi e viene ricoperto da fette di Pan di Spagna bagnate di rum e liquore Strega, tipico della vicina Benevento.
Il pantorrone, prodotto in tutta la provincia di Avellino, consta di torrone e Pan di Spagna alternati a strati e, infine, ricoperti da una golosissima colata di cioccolato fondente. Tra i principali ingredienti, menzioniamo uova, zucchero, farina, miele, mandorle, aroma di vaniglia, liquore Strega (o rum) e cacao per la copertura esterna. Degno di nota è il particolarissimo metodo di cottura a bagnomaria nella classica torroniera. Zone a forte vocazione dolciaria e rinomate per la produzione di torrone sono soprattutto Dentecane e Venticano, centri situati nell’Irpinia nordorientale.
Nelle aree in cui è diffusa la coltivazione delle castagne (Bagnoli Irpino, Cassano Irpino e Montella), il protagonista è, per l’appunto, il pantorrone o spantorrone di castagne. Sostanzialmente realizzato con il classico impasto a base di miele, albume e zucchero a velo, questa variante prevede una farcitura di castagne (candite o sotto forma di pasta) e l’aggiunta di cacao e rum.
Nonostante l’avvento della tecnologia e dei macchinari moderni, l’industria dolciaria rispetta sempre il carattere artigianale e genuino della ricetta di un tempo. Le materie prime di ottima scelta e provenienti dal territorio sono selezionate con cura ed elaborate con gli antichi metodi. I nuovi gusti, assortimenti, formati, farciture e varianti che deliziano tutti i palati resteranno sempre e comunque fedeli alla tradizione.