Il Casino del Principe, situato ai piedi della Collina della Terra, lungo corso Umberto I, asse storico della città di Avellino verso est, è una delle architetture che meglio testimonia la presenza e l’influenza dei principi Caracciolo nel capoluogo. Risalente con buona probabilità alla fine del Cinquecento, fu realizzato per volontà del principe Camillo Caracciolo come punto d’accesso a un sontuoso parco retrostante, quello che oggi è il quartiere di Rione Parco, che, ricco di alberi, piante e fiori esotici, era il luogo ideale per la caccia e lo svago della nobiltà napoletana ormai insediatasi ad Avellino.
Successivamente, l’edificio fu riconvertita in taverna e foresteria per i viaggiatori provenienti da Napoli e diretti verso la Puglia. Oggi il Casino è strutturato su due livelli, con una corte interna a pianta quadrata e aperture laterali che conducono al piano superiore. In posizione prospettica rispetto al portale principale, è collocata una fonte abbeveratoio che si eleva su un basamento in pietra lavica e che, anticamente, era posizionata all’esterno della struttura.
Nel cuore del Casino sorge la sala ipogeo, una piscina-teatro sotterranea che serviva ai Caracciolo sia come luogo di fuga (addirittura collegato con i cunicoli longobardi) sia come sala di piacere e di ristoro dopo le sedute di caccia. La sala era dotata di un sistema idraulico all’avanguardia ricavato da una preesistente cisterna di un acquedotto romano. L’essenziale impianto tufaceo, oggi come allora, si contrappone agli elementi decorativi emergenti come la fontana a parete, il cui incavo absidale accoglie due figure statuarie, una maschile ed una femminile. Inoltre gli stucchi del soffitto con motivi di spugne e conchiglie ricordano quelli della cripta del Duomo.
Ecco una descrizione dello storico del XVII secolo Scipione Bellabona: “… magnificò (il principe Camillo) questa città: vi fè lo barco per la caccia dei cervi e altri animali, e un giardino artificiosamente lavorato, abbondante di acque, fatte venire per acquedotti da diverse lontane parti, ove di diverse maniere compartite si veggon varie fontane, che con belli ed ingegnosi artificij mandano fuori continuamente acque copiosissime, non senza diletto e meraviglia insieme di chi le mira e vagheggia…”