“Il Murale della Pace”, che sicuramente è l’opera d’arte sacra più importante presente nella città di Avellino, fu realizzato nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Borgo Ferrovia tra il maggio del 1964 e l’ottobre del 1965 dal pittore avellinese Ettore de Conciliis, all’epoca poco più che ventenne, con la collaborazione di un allora altrettanto giovane artista di origini lucane, Rocco Falciano (Potenza 1933 – Roma 2012), su commissione del parroco del tempo della chiesa di San Francesco d’Assisi, Don Ferdinando Renzulli.
Il murale fu dipinto sulla parete absidale della chiesa, coprendo una superficie di circa 130 mq (6,30 × 22 m). Il primo titolo che l’artista volle dare all’ imponente composizione fu “Pace, bomba atomica e coesistenza pacifica” ma, successivamente, è diventato noto semplicemente come il “Murale della Pace”. L’intento di de Conciliis, condiviso con Don Ferdinando Renzulli, era di trattare i temi della pace nel mondo e del dialogo tra le forze laiche e cattoliche, con riferimento al Concilio Vaticano II che si stava svolgendo proprio in quel periodo, e che, anzi, si avviava alla sua conclusione, cambiando radicalmente il corso della storia della Chiesa.
L’opera fu inaugurata il 23 ottobre 1965 e provocò un acceso dibattito che attirò l’interesse della stampa nazionale e internazionale: le polemiche provenivano in particolare da una parte del mondo cattolico, ostile al linguaggio innovativo dell’artista e alle nuove idee che provenivano dalla Chiesa postconciliare; a sostegno dell’opera invece si schierarono immediatamente, oltre al parroco della chiesa di San Francesco d’Assisi, Don Ferdinando Renzulli, l’allora Vescovo di Ariano Irpino, Monsignor Pasquale Venezia, successivamente Vescovo di Avellino, natio proprio del popoloso quartiere di Borgo Ferrovia, e con loro la maggioranza della popolazione avellinese, e tra di essa gli intellettuali di allora.
Fulcro della polemica la convinzione, da parte di una frangia più conservatrice della Chiesa Cattolica secondo la quale il giovane artista Ettore de Conciliis e il suo collaboratore Rocco Falciano avevano realizzato una rappresentazione iconografica inadatta ad un luogo sacro. Era la prima volta infatti nella storia dell’arte che in una chiesa, si celebrava la pace dipingendo anche gli orrori della guerra; inoltre tra i partecipanti al corteo per la pace erano stati ritratti molti personaggi dell’epoca lontani dalla cristianità o addirittura atei.
L’opera, per il clamore che suscitò, fu sottoposta al giudizio della Commissione Pontificia di Arte Sacra, allora presieduta da Monsignor Giovanni Fallani, che alla fine si espresse positivamente, e finanche il papa Paolo VI interessatosi alla vicenda, volle incontrare, in udienza privata in Vaticano Ettore de Conciliis.
Venendo alla descrizione dell’opera, il grande dipinto realizzato con la tecnica ad affresco, è suddiviso in tre parti principali: nella parte di sinistro, di chi guarda l’opera, è rappresenta la pace, vista dall’artista con una serie di volti che si orientano tutti attorno alla figura centrale rappresentata da San Francesco. Il lato destro della composizione, invece, rappresenta il tema della guerra con i suoi orrori; nella parte centrale campeggia, infine, il fungo della bomba atomica, ma è presente anche la speranza della rinascita.
Entrando più nello specifico della rappresentazione iconografica del Murale di Borgo Ferrovia, nella parte sinistra dell’opera, il centro compositivo ed espressivo di tutto il dipinto è rappresentato dall’ l’immagine di San Francesco d’Assisi, e ciò non solo perché a San Francesco è dedicata la chiesa di Borgo Ferrovia, ma soprattutto perché San Francesco è l’emblema della pace e della fraternità. L’immagine del Santo è ispirata al ritratto eseguito da Cimabue nella Basilica di Assisi. La figura è stata realizzata applicando la “proporzione gerarchica medievale”, infatti, essendo il personaggio più importante, ha dimensione maggiore rispetto a quella delle altre figure. Il saio del santo è stato realizzato con la tecnica del collage, sul dipinto infatti sono applicati frammenti di sacco colorati poi con l’ocra. Attorno al santo si muove una folla ondeggiante di persone: in alto i contadini meridionali, a cavallo di muli, con la bandiera dell’occupazione delle terre incolte e, a seguire, tanta gente comune con bandiere e cartelli inneggianti alla pace oppure lasciati volutamente in bianco, affinché ognuno possa leggervi il proprio messaggio. Tra tutti questi volti è possibile riconoscere molti leader del mondo della politica e della cultura di quegli anni: persone di diverse nazionalità, età, gruppi sociali, e dalle più diverse opinioni politiche, anche alcuni atei, perché tutti gli uomini devono essere costruttori di pace. Secondo l’autore, infatti, “il processo di pace è legato alla comprensione reciproca, alla coesistenza pacifica, e dobbiamo contribuirvi tutti anche da posizioni ideologiche e religiose diverse”.
Tra le persone ritratte si riconoscono : Papa Giovanni XXIII, che ha sollecitato il dialogo tra la chiesa e il mondo; J. F. Kennedy, che ha combattuto per i diritti civili delle minoranze; Guido Dorso, politico irpino antifascista che aveva a cuore la crescita del Mezzogiorno; Cesare Pavese, poeta che ha evidenziato la ricchezza dei valori del mondo contadino; Rocco Scotellaro, il poeta contadino che ha lottato contro la povertà del meridione; Eduardo De Filippo, drammaturgo che ha raccontato la vita della gente comune di Napoli; Sophia Loren, che ha raccontato gli orrori della guerra con la sua interpretazione nel film “La Ciociara”; Bertrand Russell, filosofo gallese che riteneva che la guerra fosse in antitesi alla civiltà; Dolores Ibarruri, politica spagnola che ha combattuto contro il regime franchista; Alberto Moravia, scrittore antifascista; Francesco de Sanctis, scrittore e politico irpino che si è impegnato per lo sviluppo dell’Italia meridionale; Palmiro Togliatti, politico antifascista che ha combattuto per la democrazia e la costituzione; Pablo Picassoo, pittore spagnolo che ha denunciato la brutalità della guerra in Guernica; Pierpaolo Pasolini, scrittore che ha rivalutato la cultura popolare; Mao Tse-Tung, presidente cinese che attribuiva grande importanza al mondo contadino; Fidel Castro, dittatore cubano a capo di un paese profondamente cattolico; i vescovi di Avellino Gioacchino Pedicinii e Pasquale Venezia; Carlo Levi, scrittore di origine ebraica che ha raccontato i valori del mondo contadino e, infine, un autoritratto del pittore Ettore de Conciliis, autore dell’opera.
Nella parte centrale del Murale invece è rappresentato nella parte superiore il fungo della bomba atomica che si staglia davanti ad una città in rovina in cui si riconosce Roma, centro della cristianità; più in basso, tra le macerie di una chiesa invece si intravede un crocifisso, che è l’unico elemento rimasto intatto, a rappresentare la fede che può sconfiggere la morte; una donna incinta accanto a due bambini simboleggia in maniera chiara ed inequivocabile poi la vita che continua.
Nella parte di destra della vasta composizione pittorica infine è rappresentata dall’autore, in maniera molto forte, e in tutta la sua drammaticità la guerra.
In questa parte di composizione in alto alcuni bombardieri sorvolano terribili scene di guerra disposte a formare un’unica immagine complessiva: resti di edifici distrutti, cadaveri umani nelle fosse comuni, patiboli con i condannati appesi, uomini angosciati dal presentimento di un’inevitabile rovina; tutte queste figure sono unite da un vero filo di ferro spinato applicato sul dipinto a mo’ di collage come per il San Francesco. In questa parte dell’affresco è riconoscibile il pontefice della Seconda Guerra Mondiale, Papa Pio XII, che viene rappresentato da de Conciliis con le braccia spalancate davanti alle distruzioni subite dalla città di Roma, fulcro della cristianità, e circondato da un esercito di soldati armati di baionetta e volutamente non riconoscibili dall’elmetto, anche se un volto inquietante che emerge tra i soldati rimanda chiaramente al nazismo e sembra un monito a non dimenticare gli orrori perpetrati oltre che dai nazisti, dai fascisti durante la II Guerra Mondiale; più in basso invece è rappresentata una scena della guerra in Vietnam, mentre a sinistra un gruppo di persone cerca riparo durante un bombardamento.
L’autore dell’opera, Ettore de Conciliis, a riguardo afferma che “la durezza delle rappresentazioni di questa parte del dipinto si ricollega all’arte italiana medievale e rinascimentale, in cui la violenza e il dramma sono rappresentati con oggettività e senza reticenze”.